“ImmiGRATI, ImmigrAZIONE” è il titolo del convegno tenutosi martedì 25 settembre, presso la Fattoria didattica “Riparo” di Anzio. L’evento è stato organizzato dalla Caritas della diocesi di Albano, in collaborazione con la fondazione Migrantes e il vicariato territoriale di Anzio. L'obiettivo: sensibilizzare ancor più i cittadini della vicaria di Anzio-Nettuno sul tema dell'immigrazione, realtà viva nel territorio vicariale e diocesano.

L’arcivescovo metropolita di Agrigento e presidente di Caritas italiana, il cardinale Francesco Montenegro, è intervenuto al convegno suggerendo una specifica chiave di lettura dell’immigrazione. Grazie alle sue parole, il fenomeno migratorio è stato presentato, sì, come un fenomeno sociale, che deve veder presenti e attive realtà pronte ad intervenire, a partire dai servizi sociali passando per le esperienze caritative, ma soprattutto come una "questione d'amore" che ogni singolo cittadino, soprattutto cristiano, deve imparare ad affrontare.

Il dialogo con il vescovo è stato infatti lo spunto per interrogarsi su come essere cristiani davanti ad una realtà così ingiusta e iniqua. Su come essere cristiani che sappiano avere uno sguardo aperto sul mondo che ci e li circorda e su come rendersi protagonisti di una relazione che costruisce ponti.

L'esperienza lampedusana raccontataci dal vescovo ci ha testimoniato la bellezza di una possibile e necessaria integrazione, che costa fatica e impegno e che fa mettere in gioco anche e soprattutto chi accoglie. Imparare a donare e a donarsi, è ciò che ogni giorno i lampedusani si impegnano a fare: che sia un giaccone, una tazza di tè o un sorriso, l'importante è andare oltre le "differenze" per essere pronti ad una vera accoglienza dell'altro. "La fede è saper riconoscere l’altro" ha sottolineato cardinal Francesco Montenegro.

"Essere cristiani non significa essere religiosi bensì essere uomini dalle maniche rimboccate" ha continuato il vescovo. Ed è proprio questo che il convegno ci ha stimolato a fare: tornare a casa e da subito rimboccarci le maniche, andare oltre i pregiudizi e la paura ed andare incontro a chi sta cercando aiuto. Mettere in gioco noi stessi, con ciò che si è e ciò che si può fare, facendo rete con le realtà già attive nel territorio. Creare relazioni.

In fondo, l’interrogativo di don Primo Mazzolari tanto caro a don Milani che cardinal Montenegro ha citato resta sempre attuale: "A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?" 

Sara Gavi